Il Sembiante Ti Accompagna

Il Sembiante Ti Accompagna
(Testo pubblicato sul quotidiano "Il Denaro")

 
E’ in corso presso la Galleria d’arte Serio di Napoli, una mostra di opere dell’artista trentenne Prisco De Vivo, che ha alle spalle gia oggi, un buon retroterra di attraversamenti ed esperienze linguistiche, tra pittura e scultura, calate nella brace di una forte interrogazione esistenziale e filosofica.
 
La mostra, dal titolo Rosso Filosofico – presentata da Enzo Rega, scorge sulle corde della medesima interrogazione il filo che avvolge tutta la mostra.
 
Dentro la materia pittorica di De Vivo è viva e pulsante la deriva esistenziale, senza accoglierla non è possibile accostarsi alla sua indagine, non è consentito ascultare le intermittenze pulsanti che si proiettano di getto fuori dallo spazio della rappresentazione – la tela in un certo senso non riesce a contenere l’intensità disegnativa e cromatica che la materia figurale, decisamente espressionista - lascia trasparire, stagliandosi in maniera forte di fronte all’osservatore.
 
Un succo concentrato di temi, necessariamente dal gusto acre, che le ampie superfici di rossi accesi alimentano provocando una sorta di choc visivo a chi si accosta per la prima volta a queste opere.
 
Lungo il corso di questi ultimi anni che ancora scorrono, De Vivo ha fatto incetta di temi forti sull’uomo, sia quando esso è visto come soggetto negato ed interdetto, sia come debole creatura al cospetto di un cosmo ostile e repulsivo – quando non oppresso dalla cenere, per ricordare un altro ciclo di alcuni anni fa - sempre al centro della sua analisi pittorica resta l’uomo giacomettiano, icastico personaggio che segna a latere il tempo e la storia.
 
Crude messinscene di artaudiana memoria, appaiono talvolta queste rappresentazioni di linguaggi frontali, senza vie di scampo le immagini scorrono come le parole irripetibili di Cioran, che inaugura un arco di pensiero contro se stessi.
 
Il corpo dell’arte, il corpo della pittura è diventato un poligono di tiro, dove risuonano rumori forti che si tramutano in forze pulsionali che feriscono e bendano le cicatrici del corpo.
 
Non è l’uomo il soggetto vero e proprio che De Vivo indaga, ma il corpo di esso, gravato da pesi, da alienazioni ed interdizioni; Le macchine Singer, le Bamboline, I Ripari, per citare alcuni dei suoi cicli più icastici, dove egli scorge o intravede il suo uomo-corpo.
 
Una profezia di linguaggi provenienti in gran parte dall’area tedesca che si ricollegano all’azionismo viennese come espresso da Urs Luthi, con al centro il forte interrogativo sulla propria identità, che assilla e perseguita questi personaggi in cerca di un loro riconoscimento.
 
Una figurazione fortemente marcata e in tensione accompagna il viaggio di De Vivo, anche quando questo si compie attraverso la scultura, dove si riverberano di nuovo le medesime pulsioni, che ritrovano nella materia terragna inesplorati canali di scorrimento occultati nella materia e svelati dal gesto deciso e parossistico del modellato - che talvolta assume nell’evolversi delle sue forme, un senso di non finito in linea con il suo agire espressionista.
 
Opere come i bassorilievi Tiresia ( 2000 ) oppure Figure in lontananza ( 1999-2000 ) danno il senso esatto della sua ricerca visiva, tra pittura e scultura, in direzione di un linguaggio non convenzionale che sovente ricorre nella plastica a profonde orografie, e nella pittura a violenti contrasti cromatici su basi prevalentemente nere o grigie, a cui si aggiunge un segno convulso e frenetico proveniente da aree inconsce - quanto indulgente nel voler fortissimamente rievocare il sembiante che l’accompagna.
 
Si consuma così, il pasto dell’arte per Prisco De Vivo – che dall’inizio del suo operare ha piegato lentamente la sua operosità verso il sesto acuto dell’indagine ascultante; sobillato dalle parole dei poeti e dei filosofi veri, quelli che parlano al mondo contro se stessi, egli non ha avuto più scampo, e da cercatore è divenuto cercato.
 
Così il suo transito visivo è divenuto giocoforza umanista, raccogliendo in se stesso tutte le scorie e le distorsioni del mondo, fino all’urlo disperato e nichilista di questo ultimo Novecento, che ha patito forni crematori e lager, e uomini barcollanti, o meglio memorie di essi - come annota Levi in Se questo è un uomo.
 
Gaetano Romano